1994 La consistenza dell'olio
Ruggero SAVINIO
Roma, 2 marzo 1994
L'acqua che si raccoglie nei suoi argini, con la solida sostanza e la bella monotonia della materia porta e nasconde le forme. Prima si affollavano, si accalcavano, si cambiavano l'una nell'altra; adesso giacciono nel grembo delle acque profonde e maternissime. La sostanza materiale - sostanza acquatica, pesante, intima - cancellandole s'individualizza. La cancellazione non apre uno spazio vuoto, vuoto della mente e vuoto di forme che, pur accampate in frotta, non possono vincere la sterile apparenza fantasmatica, ma uno spazio aperto dalla riduzione essenziale, quello denso, coeso e fremente della superficie dell'acqua. L'occhio e la mano - qui il tatto precede e comunque accompagna la vista – raccolgono quest'elemento acquatico cui si è votata, adesso, l'immaginazione del pittore dentro confini precisi. L'infìnito verso cui è condotta la contemplazione non è quello offerto a uno sguardo orizzontale e migratorio, ma quello insondabile e misterioso che si offre a uno sguardo orizzontale, profondo. Nel calmo affiorare, fra l'assolutezza essenziale e la volontà di presenza, le forme si distendono e si giustappongono con lentezza e sobrietà; trovano il loro spazio che non invade o contrasta altri spazi. Una strana vocazione all'assoluto le governa. Spiata, studiata sopra esempi nobili; scansioni quattrocentesche riprodotte sui libri sparsi per lo studio, cui, si presume, capita al pittore di accostarsi per trarne conferme. Come in quei precedenti, l'analisi non riesce a svelare il mistero di una continuità di respiro e voce che tiene insieme elementi che si vorrebbero separati - disegno e colore; materia e forma - così anche qui le forme, semplificandosi, non s'impoveriscono o purificano, né il colore, depurandosi, s'inaridisce o sublima. Le superfici calme e nette lasciano trasparire una oscura proliferazione, come dalle profondità acquatiche traspare la vegetazione; il colore non s'accende per nessuna illuminazione teologica, ma emana dall'interno come una fosforescenza. Allora, la continuità, questo ductus che stringe le forme in una serrata unità, sarà proprio l'immaginazione materiale cui il pittore si abbandona. Immaginazione e sogno della materia, che porta frammenti di altri sogni acquatici - Ofelie morte a filo dell’acqua o gore e meandri di esperienze infantili. La sostanza che guida e informa l'immaginazione trova l'equivalente di una sostanza altrettanto liquida, ma densa ed elastica, l'olio, la cui consistenza suggeriva agli alchimisti l'idea di un legame intermediario, e a cui i pittori affidano da secoli la nostalgia di una solida e trasparente profondità
Roma, 2 marzo 1994
L'acqua che si raccoglie nei suoi argini, con la solida sostanza e la bella monotonia della materia porta e nasconde le forme. Prima si affollavano, si accalcavano, si cambiavano l'una nell'altra; adesso giacciono nel grembo delle acque profonde e maternissime. La sostanza materiale - sostanza acquatica, pesante, intima - cancellandole s'individualizza. La cancellazione non apre uno spazio vuoto, vuoto della mente e vuoto di forme che, pur accampate in frotta, non possono vincere la sterile apparenza fantasmatica, ma uno spazio aperto dalla riduzione essenziale, quello denso, coeso e fremente della superficie dell'acqua. L'occhio e la mano - qui il tatto precede e comunque accompagna la vista – raccolgono quest'elemento acquatico cui si è votata, adesso, l'immaginazione del pittore dentro confini precisi. L'infìnito verso cui è condotta la contemplazione non è quello offerto a uno sguardo orizzontale e migratorio, ma quello insondabile e misterioso che si offre a uno sguardo orizzontale, profondo. Nel calmo affiorare, fra l'assolutezza essenziale e la volontà di presenza, le forme si distendono e si giustappongono con lentezza e sobrietà; trovano il loro spazio che non invade o contrasta altri spazi. Una strana vocazione all'assoluto le governa. Spiata, studiata sopra esempi nobili; scansioni quattrocentesche riprodotte sui libri sparsi per lo studio, cui, si presume, capita al pittore di accostarsi per trarne conferme. Come in quei precedenti, l'analisi non riesce a svelare il mistero di una continuità di respiro e voce che tiene insieme elementi che si vorrebbero separati - disegno e colore; materia e forma - così anche qui le forme, semplificandosi, non s'impoveriscono o purificano, né il colore, depurandosi, s'inaridisce o sublima. Le superfici calme e nette lasciano trasparire una oscura proliferazione, come dalle profondità acquatiche traspare la vegetazione; il colore non s'accende per nessuna illuminazione teologica, ma emana dall'interno come una fosforescenza. Allora, la continuità, questo ductus che stringe le forme in una serrata unità, sarà proprio l'immaginazione materiale cui il pittore si abbandona. Immaginazione e sogno della materia, che porta frammenti di altri sogni acquatici - Ofelie morte a filo dell’acqua o gore e meandri di esperienze infantili. La sostanza che guida e informa l'immaginazione trova l'equivalente di una sostanza altrettanto liquida, ma densa ed elastica, l'olio, la cui consistenza suggeriva agli alchimisti l'idea di un legame intermediario, e a cui i pittori affidano da secoli la nostalgia di una solida e trasparente profondità